Appunti di CHIRURGIA PEDIATRICA
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dott. mario leo brena
Il REFLUSSO VESCICA-URETERALE (RVU) è la più comune anomalia urologica nei bambini.
Essa si verifica nel 1-2% della popolazione pediatrica e nel 30-50% dei bambini che si presentano con infezione del tratto urinario.
L'associazione tra RVU, infezione del tratto urinario e danno renale è ben nota.
La natura ereditaria e familiare del RVU è ormai riconosciuto e numerosi studi hanno dimostrato che i fratelli dei bambini con RVU hanno una maggiore incidenza di reflusso rispetto alla popolazione pediatrica generale. I tassi di prevalenza sono del 27-51% nei fratelli di bambini con RVU e del 66% in figli di genitori con precedenza diagnosi di RVU.

L'anatomia del passaggio vescica-ureterale è caratterizzato da un meccanismo "valvolare" che impedisce il flusso retrogrado di urina nel tratto superiore delle vie urinarie. L'uretere terminale attraversata la parete vescicale prosegue il proprio tragitto in un tunnel sottomucoso per aprirsi nel trigono. Questa conformazione conferisce il sistema a valvola per cui il tramite intramurale e sottomucoso dell'uretere distale vengono compressi contro il muscolo detrusore dalla pressione dell'urina all'interno della vescica. La competenza di questo meccanismo passivo viene rafforzato al momento della minzione con l'allungamento attivo dell'uretere intravescicale all'interno della guaina di Waldeyer. Inoltre la contrazione concentrica del muscolo liscio all'interno della parete ureterale distale può conferisce un ulteriore protezione attiva contro il reflusso.

Il Reflusso viene tradizionalmente classificato in primitivo e secondario.
Nei bambini con RVU di tipo primitivo il meato ureterale è tipicamente situato lateralmente nella vescica piuttosto che nella normale posizione sul trigono. La lunghezza intramurale e sottomucoso dell'uretere è quindi più breve determinando una carenza nel meccanismo antireflusso.
La lunghezza del tunnel tende però ad aumentare con l'età ed è così possibile una spontanea risoluzione del RVU.
Il RVU secondario è invece associato ad alterazioni funzionali della vescica in particolare se determinanti elevate pressione endovescicali a causa di varie condizioni fra le quali la vescica neuropatica e le valvole dell'uretra posteriore. Il RVU secondario ha la tendenza a migliorare quando le pressioni della vescica tornano a livelli fisiologici.

E' comunque ormai evidente che la distinzione tradizionale del RVU tra primitivo e secondario è troppo semplicistico. Le anomalie funzionali della vescica, non a carattere neuropatico, svolgono un ruolo significativo nell'eziologia di molti casi fra i reflussi apparentemente primitivi. Ciò è particolarmente vero per le ragazze con RVU di basso grado in cui la disfunzione minzionale (caratterizzata da instabilità del detrusore o incordinazione detrusore-sfinteriale) risulta associata con forma 'borderline' di competenza della giunzione uretero-vescicale. In genere queste ragazze presentano incontinenza diurna ed infezione delle vie urinarie.
L'eziologia del RVU primitivo d'alto grado nei neonati di sesso maschile, che era già stato considerato come una anormalità puramente anatomica, è stato messo in discussione dai risultati urodinamici che rivelano un marcato valore di pressione endovescicale. Inoltre un aumento dello spessore della parete vescicale riscontrabile tramite l'ecografia e piccole anormalità radiologiche nell'uretra hanno fatto ipotizzare, come possibile causa, transitorie ostruzione intravescicali verificatesi in utero.
C'è poi la crescente evidenza di una interazione fra RVU e la funzione della vescica in alcuni pazienti con reflusso di alto grado. Al momento della minzione grandi volumi di urina refluiscono nei tratti dilatati delle vie urinarie superiori, così da ridurre l'efficacia di svuotamento della vescica. L'urina che è rifluita nelle vie urinarie torna poi in vescica per riempirla quasi subito dopo la minzione. In queste circostanze è molto difficile per la vescica funzionare in maniera efficace, da cui le anomalie urodinamiche che a loro volta possono mantenere il reflusso.

La diagnosi prenatale del RVU offre un'opportunità per studiare la tipologia del danno renale nei bambini (soprattutto con alto grado di RVU) i cui i reni non sono mai stati esposti all'infezione urinaria.
Gli studi scintigrafici su questi reni hanno permesso di concludere per la presenza già alla nascita di un grave danno renale (displasia renale) ed è probabilmente una conseguenza della difettosa interazione tra la gemma ureterale e il blastema metanefrico. Piccoli gradi di danno renale congenito tendono per assumere l'aspetto di una globale riduzione del funzionamento del tessuto renale (ipoplasia renale), piuttosto che con la presenza di cicatrici focali più tipici delle lesioni da infezioni.

L'associazione tra RVU e scar renale è ormai ampiamente riconosciuta. Vi è una diretta correlazione fra scar e la gravità del RVU. Belman e Skoog hanno valutato i danni renali in 804 unità refluenti ed hanno trovato scars nel 5% in quelli con grado I di reflusso, 6% di quelli con II, il 17% nel grado III, il 25% di con grado IV ed il 50% in pazienti con grado V di reflusso.
Il meccanismo mediante il quale il RVU produce danno renale non è ancora del tutto chiaro. E' essenziale distinguere tra scar (acquisito) e le forme riferite a displasia renale in cui l'eziologia è molto diversa e legata all'anormale sviluppo metanefrico.
Non vi è dubbio che la pielonefrite batterica produce cicatrici renali. La scintigrafia con Acido-Dimercaptosuccinico (DMSA) hanno permesso di seguire in modo sequenziale l'evoluzione di una cicatrice da un'area a basso flusso di sangue (nel corso della fase acuta) alla formazione di un difetto parenchimale indicativo di una cicatrice matura. Eppure solo la metà dei pazienti con pielonefrite acuta avrà un esito cicatriziale.
Ciò che converte un fatto acuto in una cicatrice in alcuni pazienti e non in altri non è chiaro. Fattori implicati nella formazione degli scars includono il tipo di microrganismo, la sua virulenza e i meccanismi di difesa dell'ospite. Inoltre i danni più gravi sono quelli associati ad RVU già presenti alla nascita. In questo caso il danno non è conseguente ad infezioni ma da un problema embriologico.

I fattori che favoriscono il danno renali quindi sono:
(1) il reflusso di urine infette nel rene con infiammazione interstiziale e quindi danno;
(2) un reflusso di urina anche se sterile associato al RVU di grado elevato ed ad alta pressione che può danneggiare il rene attraverso vari meccanismi;
(3) un anomalo sviluppo embriologico con conseguente displasia renale.

Si è ben consapevoli che nel primi 2 gruppi è indispensabile scoprire la presenza di un reflusso prima che questo si manifesti con una infezione. Nel terzo gruppo è chiaro che il danno congenito, al momento non è possibile essere evitato, tuttavia anche in questi pazienti è obbligatorio scoprire il reflusso nelle fasi iniziali per prevenire l'esposizione alle infezioni del tratto urinario ed evitare la possibile progressione del danno parenchimale renale.
Anche quando il danno renale non è sufficiente a determinare un'insufficienza renale grave, studi a lungo termine hanno dimostrato una significativa riduzione del tasso di filtrazione glomerulare (GFR) in soggetti con danni bilaterali risalenti fin dall'infanzia. L'iperperfunzione e i danni da iperfiltrazione nel residuo tessuto sano risultano essere responsabili del progressivo deterioramento che può portare all'insufficienza renale cronica.
L'incidenza di ipertensione attribuibile alla nefropatia da reflusso è circa del 5% in studi pediatrici. Sembra comunque improbabile che le cicatrici più piccole e che ora possono essere identificate con la modalità DMSA-imaging comportino un rischio a lungo termine di ipertensione paragonabile alle lesioni che un tempo venivano riconosciute con l'urografia.

È ovviamente importante completare la diagnosi di RVU il prima possibile, preferibilmente già nella prima infanzia. Ci sono diverse modalità di presentazione clinica che possono suscitare il sospetto di RVU in un bambino.
Con l'ecografia prenatale, ormai diventata di routine, in molti casi il reflusso potrà essere sospettato prima della nascita e quindi studiato precocemente. Questi bambini risultano essere più frequentemente quelli di sesso maschile.
La diagnosi precoce di RVU sarà poi vitale in pazienti con presenza di ostacolo sottovescicale come nelle valvole uretrali o nelle vesciche neurologiche.
Nella maggior parte dei casi il RVU è comunque scoperto dopo indagini strumentali eseguite per un episodio di infezione del tratto urinario (IVU). L'incidenza di RVU nei bambini con IVU è del 30-50%, con l'incidenza più elevata nei neonati.
Neonati e bambini con RVU possono presentare anche solo sintomi legati a disfunzioni della minzione come la frequenza, l'urgenza e l'incontinenza.

L'Ecografia dovrebbe essere eseguita in tutti i neonati con sospetto di RVU.
Il RVU viene sospettato in presenza di dilatazione pelvi-caliciale e spesso dell'uretere, disparità di dimensioni fra i due reni, il diminuito spessore della corticale e l'aumento della sua ecogenicità.
L'ecografia non è però sufficientemente sensibile o specifica per la diagnosi di RVU. Il fatto di essere un fenomeno intermittente, oltre alla sua natura dinamica, contribuisce a ridurre la sensibilità diagnostica dell'ecografia renale.

La cistografia rimane il gold standard per la rilevazione VUR. Nonostante la dose di radiazioni e la sgradevole natura del procedimento, ha il vantaggio di un basso tasso di falsi-negativi e fornisce precisi dettagli anatomici, consentendo la classificazione del RVU. In alternativa alla cistografia tradizionale si impiega la cistografia nucleare. Questo può essere diretta o indiretta. Nella diretta il radionucleotide è instillato nella vescica da un catetere uretrale o sovrapubico e gli ureteri e reni sono osservati su una telecamera durante il riempimento e lo svuotamento della vescica. L'indiretta invece il tracciante viene iniettato per via endovenosa e dopo che la vescica è piena il paziente viene istruito a mingere la visualizzazione degli ureteri viene utilizzata per valutare la presenza del reflusso. La cistoscintigrafia indiretta richiede un'importante cooperazione del paziente ed è quindi di nessun valore nei neonati. Il principale svantaggio della cistoscintigrafia è che non fornisce dettagli anatomici dell'apparato urologico.
Secondo la classificazione internazionale il reflusso radiologico viene classificato in 5 gradi:
- Grado I, reflusso solo in uretere
- Grado II, reflusso in uretere, pelvi e calici senza dilatazione, con normale fornice caliciale
- Grado III, lieve dilatazione e/o tortuosità dell'uretere e lieve dilatazione della pelvi renale con ottundimento dei fornici
- Grado IV, dilatazione moderata e/o tortuosità dell'uretere e moderata dilatazione della pelvi renale e dei calici con obliterazione completa dei fornici, ma persistenza delle impressioni papillari nella maggior parte dei calici
- Grado V, dilatazione grave della pelvi renale e calici.

Il DMSA è la tecnica più sensibile per la rilevazione delle cicatrici (o scars) renali. Quando eseguito nel corso di un'infezione acuta delle vie urinarie è il maggior test per la conferma diagnostica di pielonefrite acuta.
La scansione, se effettuata a 4 settimane dalla IVU, individua le aree transitorie di anomalie che possono evolvere in cicatrici sul lungo periodo di follow-up.
Per la conferma della presenza di un danno al parenchima è necessario quindi eseguire il test dopo più settimane dall'infezione.
Per evitare risultati fuorvianti dal DMSA, è obbligatorio determinare in quali condizioni cliniche del test è stato intrapreso.

La gestione del RVU è controversa. Le due principali opzioni disponibili per il trattamento di VUR sono medico o chirurgico.
Nel primo caso la strategia si basa su tre importanti presupposti:
1. Il RVU sterile a bassa pressione nella maggior parte dei casi non è nocivo ai reni e non ha alcun effetto rilevante sulla funzione renale;
2. I bambini possono guarire dal reflusso spontaneamente, almeno nei gradi bassi;
3. La profilassi antibiotica a basso dosaggio può prevenire l'infezione per molti anni mentre è ancora presente il RVU (questione in discussione secondo alcuni Autori).
Tuttavia l'International reflux Study Group ha dimostrato che l'84% dei bambini con grado di reflusso maggiore del III presentano ancora la patologia dopo 5 anni di trattamento medico, percentuale che sale al 91% in quelli con reflusso bilaterale (anche per gradi minori!).

Le indicazioni per la chirurgia sono relative piuttosto che assolute e si dividono in tre grandi categorie:
- Funzionale: il verificarsi di più infezioni sintomatiche nonostante la terapia medica rappresenta l'indicazione più comune per procedere alla chirurgia. Le opzioni sono il trattamento endoscopico o il reimpianto ureterale.
- Anatomico: quando il RVU si presenta in combinazione con anomalie quali il diverticolo paraureterale o la duplicazione ureterale, condizioni che presentano una minore tendenza alla risoluzione spontanea del reflusso primitivo. Tuttavia la presenza del RVU nel polo inferiore in caso di duplicità pielo-ureterale non è un'indicazione chirurgica automatico all'intervento. Il reflusso di alto grado (IV o V), che è associato con una significativa compromissione funzionale del rene omolaterale, è molto improbabile che vada a risoluzione spontanea. La chirurgia (di solito il reimpianto) è una opzione ragionevole in tali casi dopo l'età di 12-24 mesi.

La maggior parte delle procedure di correzione del reflusso comporta l'apertura della vescica e la ricostruzione del tunnel sottomucoso degli ureteri, come il reimpianto trans-vescicale (Tecnica di Politano-Leadbetter) e trans-trigonale degli ureteri (tecnica di Cohen). Queste procedure, anche se efficaci, comportano una chirurgia "open", prolungata permanenza in ospedale e non sono liberi di complicazioni anche nelle mani migliori.
Sebbene la chirurgia aperta raggiunge un tasso di successo del 95% per gradi dal II al IV di RVU, l'American Urological Association segnala la persistenza del RVU nel 19,3% degli ureteri dopo reimpianto di ureteri per reflussi di V grado. Il tasso di di ostruzione dopo il reimpianto dell'uretere che necessitano di un reintervento è dello 0,3-9,1% (fonte American Urological Association).

Il trattamento endoscopico ha diversi vantaggi fra i quali la facilità tecnica e la brevità del ricovero. Nel 2001 il Deflux ® (destrano/ac.ialuronico) è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per la terapia iniettabile nel trattamento del RVU. Da allora, il trattamento endoscopico è diventato sempre più popolare. Ad oggi esistono più prodotti in commercio per eseguire tale procedura.
Il principio non si discosta da quello della chirurgia a cielo aperto e consiste nell'allungare artificialmente il tunnel sottomucoso in modo da ricreare il sistema a valvola che impedisce il reflusso di urina verso i reni. Attraverso il cistoscopio un apposito ago viene introdotto sotto l'orifizio ureterale ed il materiale prescelto viene iniettato ottenendo un rigonfiamento nsotto l'uretere. Una iniezione corretta crea l'aspetto di un vulcano con il meato ureterale che assume l'aspetto di una mezzaluna.
La percentuale di risoluzione del reflusso è del 70% almeno per i bassi gradi.

I punti maggiormente in discussione oggi sul trattamento del RVU riguardano:
quale terapia è più efficace per somministrazione di profilassi antibiotica - trattamento continuo con un unico agente o alternato di due agenti antibiotici;
la profilassi continua apparentemente non ha nessun vantaggio rispetto trattamento delle infezioni individuali (per pazienti che hanno però raggiunto il controllo minzionale!); la durata ottimale della profilassi (c'è già una tendenza a terminare la profilassi, in particolare nei maschi, una volta che hanno raggiunto il controllo vescicale); il trattamento endoscopico può essere considerato ormai una ragionevole alternativa di prima linea nella gestione di RVU di basso o moderato grado; infine, quali sono i vantaggi nel trattamento del RVU vista la prova che i danni più gravi al renale sono in gran parte congeniti e quindi non suscettibili ad alcun trattamento. Inoltre, il basso tasso di nuove cicatrici in bambini nel follow-up può essere invocata come prova del fatto che lo sfregio più grave si è già verificato e che qualsiasi ulteriore intervento modifica poco l'andamento del reflusso.

Questi argomenti possono essere contestati dalla vasta mole di evidenze cliniche e sperimentali che indicano che effettivamente una pielonefrite può causare nuove cicatrici renali. Inoltre alcuni studi hanno riscontrato, nei fratelli di bambini con patologia da reflusso, una incidenza significativamente più alta di danno renale se questo è riconosciuto solo in seguito ad una infezione rispetto ai loro fratelli la cui diagnosi era stato compiuta da screening (cioè prima del verificarsi di infezione). Questo dato può essere interpretato come la prova che il danno post-infettivo non è così raro.
Infine gli argomenti teorici per ignorare il RVU tendono a concentrarsi sulle cicatrici renali trascurando l'impatto delle ricorrenti infezioni sul benessere complessivo dei bambini durante nell'infanzia.

REFLUSSO VESCICO-URETERALE (RVU)