Appunti di CHIRURGIA PEDIATRICA
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dott. mario leo brena
Il reflusso vescico-ureterale (RVU) è la più comune anomalia urologica nei bambini.

È caratterizzato dal transito, in direzione retrograda, delle urine dalla vescica agli ureteri. Normalmente le urine che arrivano in vescica non tornano negli ureteri perché l'anatomia del passaggio vescica-ureterale è caratterizzato da un meccanismo simil-valvolare che ne impedisce il flusso retrogrado nel tratto superiore delle vie urinarie. L'uretere terminale, infatti, attraversata la parete vescicale, prosegue il proprio tragitto in un tunnel sottomucoso per aprirsi nel trigono vescicale. Questa conformazione fa si che il tramite intramurale e sottomucoso dell'uretere distale vengano compressi contro il muscolo detrusore dalla pressione dell'urina all'interno della vescica. La competenza di questo meccanismo passivo viene rafforzato, al momento della minzione con l'allungamento attivo dell'uretere intravescicale all'interno della guaina di Waldeyer. Inoltre la contrazione concentrica del muscolo liscio della parete ureterale distale, può conferire un ulteriore protezione attiva contro il reflusso.

Il reflusso viene classificato in primitivo e secondario. Nel primo caso si tratta di un'anomalia anatomica per cui il meato ureterale è situato lateralmente nella parete della vescica anziché nella normale posizione sul trigono. La lunghezza intramurale e sottomucosa dell'uretere è quindi più breve, e ciò determina un meccanismo di inibizione della risalita dell'urina difettoso. La lunghezza del tunnel intramurale tende ad aumentare con l'età, pertanto è possibile una spontanea risoluzione del RVU.

Il reflusso può essere secondario quando è associato ad un'altra patologia a carico dell'apparato urinario che causa una chiusura a valle, con aumento della pressione endovesciale come in caso di presenza di valvole dell'uretra o alterazioni funzionali della vescica come la vescica neurologica. Il RVU secondario ha la tendenza a migliorare quando le pressioni della vescica tornano a livelli fisiologici.

Negli ultimi tempi si è data grande importanza allo studio dei fattori condizionanti anomalie funzionali della vescica come le disfunzioni minzionali funzionali, anche non a carattere neuropatico, caratterizzate da instabilità del detrusore o incordinazione detrusore-sfinteriale, che svolgono un ruolo significativo nell'eziologia di molti casi fra i reflussi apparentemente primitivi. Alcuni disturbi minzionali (minzione imperiosa, pollachiuria, incontinenza diurna) sono spesso associati al RVU e sono la conseguenza di un'alterazione funzionale della vescica che, nella maggior parte dei casi, è un'iperattività del detrusore associata o meno a ipertonia dello sfintere; la pressione idrostatica intravescicale, in questi casi, è elevata e può, quindi, contribuire all'insorgenza e alla persistenza del reflusso.

Si stima che circa 1/3 dei bambini che si presentano con infezione delle vie urinarie alte sia portatrice di RVU.

Il RVU è rilevante in quanto una parte dei pazienti con tale anomalia presenta danno renale a seguito delle infezioni delle vie urinarie, una piccola parte di questi presenta patologia renale cronica (CKD) e un piccolo numero progredisce verso l'insufficienza renale (ESRD).

La natura ereditaria e familiare del RVU è ormai riconosciuta e numerosi studi hanno dimostrato che i fratelli dei bambini con RVU hanno una maggiore incidenza di reflusso rispetto alla popolazione pediatrica generale; infatti, l'incidenza è elevata nei figli di pazienti affetti da RVU e, nei fratelli di bambini affetti varia dal 27 al 45%.

Nel primo anno di vita, il RVU regredisce spontaneamente in circa il 30% dei casi; il tempo della regressione è proporzionale al grado di reflusso ma anche il RVU di V grado regredisce in più del 10 % dei casi in 5 anni. La regressione del reflusso è meno frequente se sono presenti infezioni urinarie ricorrenti o una disfunzione vescicale.

Circa il 60% dei bambini con infezioni delle vie urinarie (IVU) se valutati durante o immediatamente dopo un'infezione delle vie urinarie ha un difetto del parenchima renale visibile agli studi scintigrafici con tecnezio-99m-marcato con acido dimercaptosuccinico (DMSA). Tale riscontro è considerato patognomonico di localizzazione parenchimale (pielonefrite). È stato stimato che dal 10 al 40% di questi bambini avrà cicatrici renali permanenti (scars), indipendentemente dall'età. Tale riscontro è più frequente, ma non esclusivamente correlato, nei casi in cui sia presente il reflusso vescico-ureterale. Il rischio di cicatrice renale è però 2,8 volte maggiore nei bambini con pielonefrite associata a RVU rispetto ai bambini con pielonefrite in assenza di VUR.

Ciò che converte un fatto acuto in una cicatrice in alcuni pazienti e non in altri non è chiaro. Fattori implicati nella formazione degli scar includono il tipo di microrganismo, la sua virulenza e i meccanismi di difesa dell'ospite. Inoltre i danni più gravi sono quelli associati (ma non dipendenti) al RVU già presenti cioè alla nascita. In questo caso il danno non è conseguente ad infezioni ma da un problema embriologico.

Il danno renale associato al RVU può infatti avvenire in epoca fetale, per un'alterata differenziazione del parenchima renale (displasia), oppure è secondario a infezioni delle alte vie urinarie (cicatrice renale); la prima evenienza è più frequente nei maschi e si associa più spesso a insufficienza renale; la seconda è più frequente nelle femmine, l'insorgenza di insufficienza renale è rara, ma il rischio di sviluppare ipertensione arteriosa o complicanze in corso di gravidanza è più elevato.

I rischi a lungo termine delle cicatrici renali correlate all'infezione in reni precedentemente sani non sono completamente compresi.

Studi sperimentali hanno dimostrato che l'infezione renale associata a RVU può provocare una perdita di parenchima renale; i meccanismi per cui i pazienti con RVU possono presentare danno renale sono complessi ed il nesso causale non è chiaro.

E' essenziale distinguere tra scar (acquisito) e le forme riferite a displasia renale in cui l'eziologia è molto diversa e legata all'anormale sviluppo metanefrico. Piccoli gradi di danno renale congenito tendono per assumere l'aspetto di una globale riduzione del funzionamento del tessuto renale (ipoplasia renale), piuttosto che con la presenza di cicatrici focali più tipici delle lesioni da infezioni.

È stato ipotizzato che il danno renale sia secondario all'infezione renale, dal momento che la pressione idrostatica determinata dal RVU non è usualmente di entità tale da provocare una cicatrice renale in assenza di infezioni; dati recenti sembrano confermare nell'uomo la relazione tra infezione renale e formazione di cicatrici. Il meccanismo che porta alla formazione di una cicatrice renale dopo un'infezione non è completamente noto. La probabilità di danno renale è da 4 a 6 volte maggiore nei casi di RVU di III-V grado rispetto a quelli di I-II grado, nei pazienti con infezioni ricorrenti delle alte vie urinarie e, probabilmente, nei bambini di età inferiore ai due anni. Il tempo per la formazione di una cicatrice renale, dopo un'infezione renale, è variabile da alcuni mesi ad un anno

Nei neonati e nei lattanti con reflusso di grave entità, il danno renale sembra, però, essere di tipo congenito e non secondario all'infezione; d'altra parte, è noto che l'ostruzione delle vie urinarie, in epoca fetale, può provocare un alterato sviluppo con conseguente displasia del parenchima renale. Per questo motivo un'ipotesi patogenetica è che il danno sia la conseguenza di un anomalia su base malformativa dell'unità "rene-via urinaria", in alcuni casi già macroscopicamente manifesta alla nascita, in altri casi in reni macroscopicamente normali ma con un danno di sviluppo che predispone al danno cicatriziale dopo un insulto pressorio o infettivo. È stato, inoltre, ipotizzato che la displasia renale sia dovuta a una mutazione genetica che comporta sia il danno renale che l'anomalia ureterale.

Altri fattori sono stati ritenuti importanti nella patogenesi del danno renale sono il tipo di germe, la durata dell'infezione e l'entità della flogosi.

I pochi studi prospettici che sono stati effettuati hanno mostrato un basso tasso di conseguenze a lungo termine, in termine di ipertensione e riduzione del filtrato glomerulare, legate alla presenza di cicatrici renali, in assenza di ostruzione ed in reni altrimenti sani. Tutti gli studi sono però limitati dal periodo di follow up relativamente breve (10 anni).

Gli studi retrospettivi al contrario suggeriscono che la presenza di cicatrici renali correlate ad infezioni delle alte vie urinarie possano avere un rischio rilevante, con rischio di nefropatia cronica stimato fino al 20%, ipertensione tra il 20-40% e preeclampsia nel 10-20%. Gli studi retrospettivi sono però limitati da bias di selezione del campione, infatti valutando solo i pazienti riferiti a centri specialististici viene lasciata fuori la grande maggioranza di bambini con infezioni non complicate, inoltre in parte i pazienti valutati nel follow up non hanno potuto accedere per età ad adeguata diagnosi prenatale.

Il registro italiano dell'insufficienza renale cronica (IRC) in età pediatrica (ITALKID) ha riportato che il 25% dei bambini italiani affetti da insufficienza renale cronica ha un RVU e che il rischio di sviluppare un'insufficienza renale terminale all'età di 20 anni è del 56%. Nei bambini con RVU, la presenza di cicatrici renali estese e bilaterali comporta il rischio di sviluppare un'insufficienza renale cronica sia in età evolutiva che in età adulta. La presenza di proteinuria o una riduzione del filtrato glomerulare rappresentano un indice prognostico sfavorevole per l'evoluzione verso l'insufficienza renale nei bambini affetti da RVU. I dati tratti dai registri hanno però messo in luce il fatto che il danno renale congenito è la prima causa di insufficienza renale cronica pediatrica.

In assenza quindi di anomalie renali strutturali evidenti in studi di imaging dopo la prima infanzia, la frazione eziologica di IVU ricorrenti come causa principale di insufficienza renale cronica sembra essere piccolo.

REFLUSSO VESCICO-URETERALE E DANNO RENALE